Data / Ora
Date(s) - 21/02/2019
5:00 pm - 11:30 pm
Luogo
Camelot Territorio in Tondo - il Concept Store di Acqui Terme
Categorie
13 FEBBRAIO 2019 ROMITA42 LASCIA UN COMMENTO
Se non ti prendi cura di una casa, questa diventerà Natura.Se non ti prendi cura della Natura, questa farà del suo meglio per essere Bellissima.
Noi siamo Natura e spesso sembriamo Case abbandonate.
di Michele Quarantini.
“Children Mumble” è un disco importante per la scena hip-hop alessandrina. Faccio questa premessa perché è ciò che intendo dimostrare con questa analisi. Mario Andrea Morbelli, in arte Themorbelli, rapper di Acqui al suo secondo album ufficiale (dopo “New Normal”, 2017) ha confezionato un album grezzo (nel senso più onorevole del termine: il rap è bello quando è grezzo, sporco, graffiante), concreto ma anche ricco di picchi intimistici. Themorbelli ha tratto ispirazione da un sound decisamente vario, che spazia dal classico boom-bap a atmosfere più soft, che strizzano l’occhio alle più moderne tendenze chill-out, senza però farsi mancare anche ritmi più ossessivi e contaminazioni con la musica soul. Appoggiandosi a questo tappeto sonoro il rapper acquese ha sputato barre sui mali e sui vizi della società, che poi sono i mali e i vizi di noi stessi, senza mai abbandonare lo stile che lo caratterizza, costituito dall’accostamen
Morbelli
La copertina è opera del fotografo surrealista dark acquese Ddaystone.
Passiamo all’analisi del disco pezzo per pezzo (tra l’altro, cosa rarissima, di ogni brano è stato pubblicato il videoclip).
Apro una parentesi. Sono sempre diffidente verso le tracce introduttive troppo lunghe, che lasciano un senso di pancia piena e completezza. No. Le “intro” devono essere incomplete, devono lasciarti sulle spine (virtuosi esempi che mi vengono in mente sono l’”intro” di Melograno di Claver Gold e “Craxi Era” di Gionni Gioielli”). E in questo caso la prima traccia (“Children Mumble Happyskyfall”) è perfetta. Themorbelli rappa 50 secondi, dimostrando una grande attitudine e una forte personalità su un beat grezzo pieno di distorsioni, prodotto da Massimiliano Zaccone negli studi Audiomokette di Torino.
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La seconda traccia (“Il senatore”, registrata da Andrea Scagnelli nello studio bunker “Artwork” di Cassine) costituisce l’unico pezzo autenticamente autocelebrativo
“Americana” (registata da Andrea Scagnelli), con la collaborazione della cantante Sky, è un raffinato gioco di luci e ombre, realtà e apparenze, bellezza e decadenza (“le blatte giocano sotto alla moquette / le ragazze sognano di fare le soubrette / una è vestita come una majorette / se non fosse già strafatta forse viene via con me”) accompagnato dalla musica del pianoforte e racconta con toni epici una notte con tanto di finale a sorpresa.
“John Lennon” è secondo me il pezzo più figo del disco. È un pezzo sofferto, ma scanzonato, sulla vacuità e sulla brevità della vita, ma anche sullo spaesamento e sulla tristezza che si manifestano alla sua conclusione. È una narrazione che scorre lentamente su un sottofondo soul (pianoforte suonato da Walter Cirio) da decadente locale anni ’70 di provincia, a cui il flow si adatta sapientemente con cambi di ritmo e pause. Il risultato è un’atmosfera malinconica veramente affascinante (“La gente che piange / una per volta / com’era la vita? / dicono corta / mi guardo dal fare anche solo un accenno / lo sai che nei Beatles suonava John Lennon”).
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“Bananalità” (esatto, scritto proprio così) affronta, su suoni tendenti alla trap, i temi del consumismo, della massificazione (la banana di Andy Warhol è divenuta il simbolo della pop art) e della banalità della vita di provincia, in cui lo spettro della solitudine emerge con sempre maggiore evidenza. Ma forse lottare contro certi aspetti della vita di provincia risulta una battaglia contro i mulini a vento: per questa ragione il rapper è pessimista e lascia poche speranze di cambiamento (“la terra è meno empatica nell’era della SNAI / che fai? / te ne vai? / Away, Hawaii / Ricorda: prima regola tornare mai”).
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Un sound più rilassato, tendente alle sonorità chill-out, ha invece ispirato “Ultimo giro di Tango”, un brano che trasmette intense sensazioni di assoluto (“Il sonno è il suono del sonno del rumore / poi muore / nello spazio l’odore del rosa / cosa credi di aver sentito / quello è l’infinito”) risvegliate dalla musica. E in questo infinito il nostro ruolo è marginale (“Siamo moduli / Piccoli incastri ciclici / cimici no biblici / non crederci / no sincroni / no lucidi / no utili / no gluten free / no empatici / no lucidi / no musici / minimi spigoli tra gli angoli”) e viviamo questa consapevolezza con malinconia, trasportati dalla musica.
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Ma nella nostra società non siamo certo innocenti come di fronte all’infinito: “Acapulco” (prodotta da Nayz e registrata da Andrea Scagnelli) ci spiattella davanti agli occhi la nostra incapacità di provare emozioni e di immedesimarci nel prossimo (“se ti metti nei panni degli altri / ti dicono “empatico” tutti entusiasti / come le domeniche precedenti / quando ti aggrediscono è perché sono ignoranti”; “E chi non si commuove è perché è già annegato giù al molo”). Il sound, molto dolce e malinconico, e lo scroscio del vinile di sottofondo fanno ancora una volta della capacità di trasmettere un’atmosfera particolare il vero punto di forza del disco.
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L’album si conclude con un omaggio a Luigi Tenco (“Scusa Luigi”), una commossa critica al mondo della musica, favorita da una scrittura di getto e da un beat ritmico e ossessivo.
Oltre alla coerenza tra le tematiche e l’atmosfera trasmessa dai beat, in un crescendo di velata e compiaciuta malinconia da periferia, svolge un importante ruolo a favore della compattezza dell’album anche la metrica adottata dal rapper acquese: lo schema è quello della rima baciata (con le dovute e numerose eccezioni), svolta però su sequenze più lunghe. La stessa rima è ripetuta spesso su tre, quattro, cinque versi, favorendo, grazie alla ripetitività, un ritmo circolare (“Con le parole mi hanno steso / offeso / dato dell’obeso / ma io illeso / perché tu innocuo / sei un milligrammo sopra un chilo d’odio / brucio il podio / quando sarò primo salirò sulla schiena del drago / tu Baricco io Marco Drago”: AAAABBBCC), ma non mancano esempi di incastri più raffinati (“Slitta adesso sul ghiaccio / Babbo Natale che ha un tattoo sul braccio / regali per tutti coi frutti ci mangio / la schiuma lo shampoo il baseball Di Maggio”).
“Children Mumble”, pur mantenendo un tratto indiscutibilmen
Sia dal punto di vista del rappato che da quello del sound Themorbelli ha confezionato un album originale, studiato e limato nel dettaglio. Quello del rapper acquese è un lavoro ricco di notevoli spunti moderni, aperto a numerose influenze e, certamente, di respiro più ampio rispetto all’angusta dimensione provinciale. Soprattutto, perché tra i vari livelli interpretativi di ciò che l’artista rappa ciascuno di noi può rinvenire uno spazio, un angolino in cui ritrovarsi. Buongiorno